domenica 23 giugno 2024

Necromanzia nel Ghetto

 

Il ghetto era molto antico, i suoi scantinati avevano visto i secoli e ne avevano anche l’odore. Ora era un coacervo di tutte le razze, persone provenienti da remote regioni dell’Africa e dell’Asia minore occupavano palazzi cadenti e popolavano quegli antichi scantinati, vagavano per scale silenziose, spacciando spezie e droghe, hashish e magia nera.

Gran Garrota amava bazzicare quei bassifondi in cerca di guai, anche se aveva ormai svariate denunce sulla testa a causa di queste sue violente gite nel ghetto, per non parlare dell’inimicizia di molte bande locali che non lo volevano lì intorno, dato che aveva mandato molti dei loro membri in ospedale. Era stanco di nascondersi però a casa della sua ricca e perversa amica Victorine, ed era scappato da quella prigione dorata in cerca di un pò d’azione scellerata dal sapore di kebab e spezie immonde.
Il ghetto lo attirava come una calamita, tornava sempre lì quando sentiva il bisogno di sfogare le sue pulsioni animalesche, gli piaceva essere attirato nella rete della malavita, fingersi una vittima e diventare un carnefice, o semplicemente essere un predatore tra i suoi simili, dato che ognuno in quei bassi fondi sembrava essere macchiato di una qualche forma di peccato. Calpestò un paio di tossici strafatti alla stazione camminandoci sopra con le suole pesanti dei suoi anfibi neri, li uccise entrambi spappolandogli le teste mentre erano stesi a terra privi di coscienza, nessuno se ne accorse e lui continuò a passeggiare con le mani in tasca. C’era una nigeriana immensa davanti a lui, dai seni giganteschi, decise di seguirla, sperando lo conducesse in qualche palazzo fatiscente infestato dalla nidiata straniera della sua razza perniciosa. Nella villa di Victorine ne aveva viste di tutti i colori, necrofilia, orge coi morti, scambi di corpi, sesso con fantasmi evocati attraverso il succubato (vedi Sangue e Violenza nella Cattedrale N.d.A.)
Ma nulla era paragonabile all’ebbrezza che provava in quel territorio pregno di energie primordiali, il ghetto era la sua riserva di caccia; d’altro canto aveva sempre amato le cose carnali e sanguigne se paragonate alle nefandezze esoteriche, pregne di stregoneria, tipiche della sua amica Victorine e della setta Satanica che era stato costretto a eliminare nella cattedrale poco più di un anno prima…Continua…



mercoledì 5 giugno 2024

Profumo di Trauma


 Tra le scale del vecchio palazzo in un giorno senza luce aleggia profumo di trauma.

Deicidio striscia tra le natiche di ogni prescelta come il filo di un tanga, si impregna dei nasturzi del loro sfintere, gli afrori del loro sudore, ed esplode negli uteri in risplendente sfavillio di spore diamantine.

Tutta la vita è assoluto nichilismo abbellito dagli orpelli del desiderio.

Percorro la città deserta alla ricerca di una copertina e incontro il fantasma di una pittrice geniale, salgo le scale della sua casa silente, mi accolgono i suoi anziani genitori, così viene confezionato il gioiello del mio primo capolavoro. Poco più in là il surrealismo di una puttana ai margini della città nei più squallidi bassifondi.

Profumo di trauma tra le strade spettrali di una domenica morta nella mia automobile scassata, il poeta ha il suo poema.

Poi c’era la troia degli alberi bassi che si nascose nello scroto del dio ubriaco. Disio assassinato perso in un pessimo ritratto che fu ugualmente rilegato nell’opera.

Tutto svanì nel nichilismo degli astri, tutto è ancora lì, oltre il portale popolato dagli spettri del ricordo.

Una Napoli immota di primo pomeriggio, surreale come un quadro di De Chirico che per quello tanto mi impressiona, diede vita all’estetica del mio artifizio.

Inchiostro nero, sperma di seppia, che nottetempo s’erge come creatura mostruosa, e ancora oggi, e nei secoli, striscerà come il filo di un tanga, tra le natiche di ogni prescelta, in oscuro sacrificio.

Davide Giannicolo