giovedì 1 dicembre 2011

SUPERSADOMASO

La pioggia invadeva gli argini delle guglie più alte della cattedrale, luminescenze scandite dal battito del temporale erano condivise con la divina poesia delle stelle, l’eterna solitudine del cielo tutt’intorno lacrimava.
Sulla vetta più alta di quella costruzione imperiosa sedeva una figura, flagellata dalla tempesta appariva inamovibile.
Aveva in dosso una muta da sub completamente nera, aderente, con tanto di cappuccio e maschera. Lo sguardo al di sotto della diafana lente della maschera sembrava follemente triste, inconsolabile, smarrito.
Cosa ci faceva quel surreale figuro lassù? O meglio, cosa rappresentava?
Cosa mai poteva volere costui che ai piedi calzava pinne anch’esse nere come l’abisso della notte?
Di colpo l’uomo s’alzò, ed il suo sguardo sembrò infrangersi contro l’oscurità come un fragile cristallo di tristezza, poi si getto nel vuoto.

Il volo fu toccante, flemmatico, fino a che il corpo non si frantumò al suolo in una rosa di sangue.
Trascorse qualche secondo e il tipo si rialzò, si mise a posto qualche osso e terse il sangue dalla sua bocca spaccata, abbandonò le pinne e a piedi nudi fu inghiottito dalla notte.

                                                                        *

“Uccisa giovane coppia e seviziata orribilmente, lui ritrovato senza scarpe.”
“Che posto di merda sta diventando questa città. Perché hai preso questo quotidiano del cazzo al posto di una pornorivista, tettone bionde no? Sei un necrofilo di merda Gottoni?”
“Che cazzo dici Spaducci, questa licenza te la faccio fare con le ossa rotte se parli ancora come una fottuta checca con me, che strafottuto cazzo significa Necrofilo.?”

Spaducci e Gottoni erano due militari, la conversazione si svolgeva nella carrozza d’un treno che dalla stazione di Milano avrebbe condotto entrambi in Sicilia.
Spaducci estrasse un coltello, lungo abbastanza da poter trapassare Gottoni.
“Necrofilo è colui che scopa coi morti, non andava bene una pornorivista di merda? A te piace il sangue bestione di merda?.”
Spaducci, gracile negretto siculo accoltellò il grosso Gottoni, i primi fendenti gli bucarono dolcemente il petto, penetrando soffice la lama s’abbeverava di sangue  per poi estrarsi e famelica affondare ancora avidamente.
“Stronzo di merda, le pornoriviste.”
Gottoni stramazzò al suolo con uno sguardo attonito e la bocca che vomitava sangue.
Spaducci cominciò a prenderlo a calci, era palesemente eccitato, gli occhi lustri e all’infuori, continuava a imprecare riguardo le riviste porno e intanto si sfregava la patta della mimetica.
Il bastardo si chinò in terra da Gottoni e cominciò a slacciargli i calzoni, gli calò le braghe e con un volto disumanamente alterato da una lubrica follia dirompente affondò avidamente il volto nel culo del soldato suo compagno, leccava e baciava con ingordigia, come volesse mangiarlo. Secco da far schifo, Spaducci si denudò e diede inizio ad un deplorevole quanto raccapricciante atto sessuale con il suo defunto compagno da lui stesso ferocemente assassinato.
Era in totale estasi questo folle sudato e ormai nudo d’innanzi al monumento di pietra della perversione. S’estraniava dal corpo la sua mente, diveniva un tutt’uno con il suo battito cardiaco, ed il suo battito cardiaco era un tutt’uno con le spinte che dava con forza sodomizzando il suo amico.
Il treno intanto era partito, e di tanto in tanto violenti fasci di luce in corsa squarciavano la scena consumata nella torbida carrozza.
Terminato il suo lercio amplesso Spaducci s’adagiò sul corpo del defunto e violato Gottoni, solo lo scorrere delle ruote d’acciaio sui binari violava il silenzio delittuoso della stanza, ma Spaducci udì dei passi, seppur soffusi, delicati come quelli di un gatto.
La porta della carrozza si spalancò di colpo, un violento calcio in bocca catapultò il patetico, nudo soldatino contro il vetro che si crepò contro le sue costole.
Un alto uomo era entrato nella stanza, completamente nerovestito emanava un effluvio di plastica.
Era il tipo della cattedrale, di lì su non sembrava così grosso, ora la sua corpulenza si rivelava in quell’ambiente angusto.
Ma Spaducci non aveva la minima idea di chi fosse quel tipo, tanto meno sapeva perché fosse vestito da fottuto sommozzatore.
Calzava degli anfibi stavolta, con i quali aveva sfigurato il volto del pederasta scoperchiatombe soldato deviato, l’uomo con la muta stava zitto, ma intanto il suo respiro si ingrossava d’un eccitazione perversa osservando l’inerme Spaducci sanguinante che non osava profferire verbo, il secco e sinuoso scorrere d’una chiusura lampo bella lunga fu il suono che aprì un portale di indicibile e inumana turpitudine, il sommozzatore era mezzo nudo e mezzo coperto dalla muta aderente, con indosso ancora il cappuccio e la maschera, le sue carni erano flaccide, i suoi testicoli pendenti come brandelli di carne ad un gancio. Cominciò a massaggiare il suo laido corpo in una viscida movenza di infima masturbazione femminea e tattile.
Spaducci aveva una paura fottuta, il buio gli artigliava il respiro, il buio maledetto che gli aveva mandato quella visione al di là del satanico.
L’uomo mascherato chinò le natiche sul volto del ragazzo, e quelle lerce chiappe coperte di sfregi e ustioni vomitarono un fallo di gomma color mirtillo fosforescente.
Con quell’arnese, che nelle sue mani appariva diabolico, cominciò ad auto penetrarsi con inaudita lascivia.
Il silenzio era orribile, e Spaducci non poteva nulla, anzi una cosa poteva farla, poteva trovare il coltello e sventrare quel bastardo pervertito, così il soldato abbrancò in avanti in cerca della lama, ma presto la laida massa unta gli fu addosso, l’uomo sfregava i suoi orribili genitali martoriati sul volto del ragazzo bloccato in una morsa che lasciava già presagire d’esser stata affinata mediante molteplici stupri del genere. Il tipo in muta estrasse un rasoio, e recise di netto un orecchio di Spaducci, il sangue sgorgato impiastricciava le nudità del satiro che stava su di lui a infierire con il rasoio, sfregiata la faccia per bene cominciò a percuoterla con forti pugni, poi seguirono gli sputi, in fine le leccate con morsi mutilatori, baci di piranha nell’oceano della notte.
Spaducci fu lungamente percosso, sbattuto violentemente da una parte all’altra della carrozza, sodomizzato con il fallo di gomma, poi con il rasoio ed infine con il sudicio pene che iniettò in quelle ferite il suo pus infetto.
Il sommozzatore si rialzò, si masturbò e venne sulla faccia scempiata della sua agonizzante preda, poi si tolse le scarpe e si infilò le pinne, aprì la finestra e vi gettò le scarpe, poi si lanciò egli stesso, in un magistrale tuffo giù dal treno in corsa.
Le sue ossa si schiantarono al suolo, vomitò sangue e poi giacque inerme con il collo rotto. Dopo pochi secondi il tizio si alza, si mette a posto il collo e lentamente, con le pinne, movendosi maldestro e dolorante come fosse una foca gore andò in cerca delle scarpe nella campagna.
                                                                 
CONTINUA.......

DAVIDE GIANNICOLO

Nessun commento:

Posta un commento