sabato 28 luglio 2012

Volcidor, The Devil

Volcidor picchia il microfono dando vita ad un rumoroso rituale sonoro, sinistra evocazione di divinità malevole, capaci di impossessarsi del vostro fragile sistema nervoso....

La notte, il vino rosso e la morte(Volcidor e Davide Giannicolo)

Il folle Volcidor incontra Davide Giannicolo, e  ne nasce un pezzo lisergico e malinconico.....

Un racconto malato di Dave Necro

E' ancora notte in quel piccolo villaggio messicano. Gli ultimi lampi di un temporale appena passato illuminano a sbalzi la stanza.
Il volto dell'uomo è una feroce maschera di follia, le sue mani sono sporche di sangue. Ancora un lampo, questa volta si riflette sulla lama di un coltello gettato a terra, accanto al letto. Dalla lama cade qualche goccia di sangue.
D'improvviso si getta sul cadavere della moglie e a suo modo assapora ancora la sua carne. Il pene scivola a fatica dentro di lei, amore e morte.
Vuole farla ancora sua, strappa a morsi le labbra con voracità inaudita. In fondo amava quel volto e ORA lo divora come potrebbe fare uno sciacallo con uno sporco cadavere. Mastica lentamente l'occhio quasi andando in sincronia con il suo lento battito del cuore, come fosse un tamburo di un'agonia.
Profanando la Morte getta il suo seme dentro di lei. E lentamente si addormenta con l'ultimo pezzo di carne ancora fra i denti.
Il sole è quasi sorto quando si risveglia. Si veste in fretta dando uno sguardo fugace al cadavere della moglie poi esce di casa chiudendo dietro di sé la porta, lasciando che la follia della notte non abbia fine in quella casa. Fuori un tiepido sole sta per soccombere da oscure nubi.
Non piove per ora, ma pioverà nella sua mente, ancora, come la notte appena passata.
Rilegge a mente quella poesia, sconclusionata e folle, scritta a matita con gli occhi sbarrati la sera prima, al crepuscolo. Prima di fare a pezzi sua moglie.

"Come si innalza turgido il mio membro
sta eretto come un monumento funebre
di fronte a questo cadavere violaceo,
il mio oscuro desiderio.

Respirando esalazioni mortifere
bisbiglio lente note funebri
mentre il mio membro
umido di liquidi putrescenti
spinge avidamente nel fetido incavo femminile.

Affondo i denti in questi seni ormai neri
un tempo preziosa fonte di vita
ora cibo per vermi
assaporo la carne gelatinosa e acida.

Mi fermo un istante, ansimo di piacere
sto rigettando il mio seme
in questo corpo colmo di vermi
li sento brulicare accanto al mio membro,
come incestuosi scavano viscide gallerie.

Ecco il mio nero orgasmo
è un caldo vomito di blasfemia
che bagna carne putrescente
e ossa ingiallite.

Questa fredda notte
stupro la Morte
che per me è Vita,
desiderio."

Poi aveva chiuso il block notes degli appunti e si era alzato andando in cucina, aveva bevuto un sorso di tequila fissando quel coltello appoggiato sul bancone di legno.
Il saluto dei suoi amici lo distolgono dai quei ricordi ormai lontani. Ricordi di vita ormai spezzata e fatta sua. Finalmente ora sta bene, non si è mai sentito così felice da anni.
Per i due amici che da anni si recano al lavoro è un mattino come tanti altri, scherzano ricordando alcuni episodi del giorno prima.
Sarebbe anche una giornata come tante altre, come dire.. anonima, se solamente le sue unghie non fossero sporche di sangue.
Ma nessuno quel giorno noterà quelle piccole tracce di oscura follia.
Non lo noteranno neppure quando si fermeranno nella tarda mattinata per consumare il solito pasto. Insieme, come fanno da anni.

La sera, al loro ritorno a casa discutono sulla giornata appena trascorsa. La fatica si legge sul volto sporco di sudore.
Non fanno caso al loro amico, al suo sguardo che improvvisamente è cambiato, come un predatore che sta aspettando l'attimo giusto per saziare la sua fame.
Quando i tre giungono in quella boscaglia poco prima del villaggio la pioggia sta iniziando a cadere.
Nessuno dei due amici arriverà a casa quel giorno. Come un lampo e senza alcuna emozione in volto scaglia la lama del macete sul collo del primo amico, che cade a terra di colpo cercando inutilmente uno spiraglio di vita portando la mano alla ferita.
Gli occhi dell'altro amico sono sbarrati, è incredulo. Non farà in tempo a capire gli avvenimenti, non farà neppure in tempo a pronunciare alcuna parola.
Anche il suo corpo cade a terra privo di vita, come un vecchio albero mozzato alla base.
Non gli importa nulla degli occhi sbarrati e sporchi di sangue che sembrano fissarlo, cerca di pulire alla meglio il macete in una siepe e si avvia verso casa. Non spreca neppure il suo tempo a voltarsi indietro, verso la boscaglia ormai lasciata alle spalle. Prosegue il suo passo verso casa, non curante della pioggia che bagna il suo volto. A casa, verso la cena.
La Sua cena.
E poi quell'ombra, che nonostante sia quasi buio, appare fortissima e sembra vivere di vita propria. E lo sta seguendo da qualche giorno.

Già, le ombre. Che non sono altro che demoni, vivono nascosti dentro di noi, si nutrono. E attendono.
Attendono fino al giorno che potranno uscire fuori dal nostro corpo.
Finalmente liberi.

(Dave, 2005)