lunedì 31 agosto 2020

Evil Bokken capitolo secondo: il maestro

 



Era un quartiere residenziale, palazzi, villette a due piani con giardini curati, qualche campo da calcio e piccoli parchi per bambini. Tutto era tranquillo in quel primo pomeriggio di fine estate. Il caldo era intenso, la gente riposava rintanata e gli unici suoni erano brusii lontani di programmi televisivi pomeridiani attui a conciliare il sonno.

Evil Bokken si aggirava in quelle strade silenziose, la solita spada di legno poggiata sulla spalla. Spiava dalle finestre i soggiorni vuoti, i balconi deserti, i giochi immoti, tutto era paralizzato, inerte, e lui pareva lo spettro della controra.

La canotta nera era intrisa di sudore, i pantaloncini blu oceano ricoperti di umide chiazze, le ciabatte frusciavano sull’asfalto come lo strascico di una sposa morta.

Aprì il cancello di ferro, piccolo e ben fatto, di una delle villette oppresse dal caldo e dal silenzio. Entrò nel vialetto sorridendo, qualche uccellino cinguettava suggerendo armonie nipponiche.

Presto anche lo scrosciare di una fontana si unì al canto soave degli uccelli, sul prato del giardino ben curato un uomo si stava allenando con una katana scintillante. I suoi movimenti erano fluidi e sereni, peccato che il cielo turchese fosse offuscato dai palazzoni che come grigi alveari sembravano opprimerlo.

Quell’uomo era stato il maestro di Evil Bokken, prima che questi violasse ogni principio di forma e disciplina della sua scuola di Kendo. Questi deglutì quando si accorse del gigante, ritto e immobile dinnanzi a lui.

“Sei occidentale, eppure ti credi un conservatore, non hai mai accettato il mio stile da combattente della strada e hai cercato di impormi il tuo, vecchio e obsoleto, morto e dimenticato, buono solo per i tornei di sfigati a cui fai partecipare i tuoi allievi”.

Il maestro sorrise e alzò la lama in posizione di guardia, fece strisciare lentamente i piedi nudi sul prato rasato di fresco.

Fu Evil Bokken a parlare ancora, immobile, come un immenso monumento foriero di potenza:

“Adesso vedremo chi tra noi due aveva ragione!”

Fu fulmineo nonostante la mole possente, in un attimo fu sotto il suo maestro e con il manico del Bokken girato al contrario colpì ripetutamente la sua bocca. Questi cadde nell’erba, sputò denti e sangue scarlatto mentre il gigante contemplava la sua opera, sembrava non avere fretta e di essere in cerca di un lento pestaggio.

Il maestro falciò l’aria con un colpo orizzontale all’altezza delle ginocchia di Evil Bokken, lo scalfì soltanto mentre si allontanava all’indietro con la velocità nuovamente inaspettata per un uomo della sua mole. Al balzo seguì un colpo dritto al centro della testa del maestro, che si aprì come un’anguria zampillando succo rosso, rugiada mattutina, scarlatta anziché diafana, si sparse tra i fili d’erba.

Il getto di sangue era imponente, il maestro vacillava ma ancora aveva la spada tra le mani ed era riuscito ad alzarsi.

“Questo non è un tatami, questa è la vita, sporca e infame, prova a meditare ora maestro, prova a contrastarmi con le tue stronzate!”

Un colpo di punta, in gergo detto Tsuki, sferrato in un tuffo in avanti a braccia tese con tutto il peso di Evil Bokken, fracassò la carotide del maestro facendogli vomitare immediatamente sangue. Se la spada fosse stata d’acciaio, anziché di legno, lo avrebbe trapassato con facilità estrema.

Il maestro annaspava in terra tossendo, non respirava mentre il suo sangue s’impregnava al terreno.

Evil Bokken lo colpì ripetutamente con la sua mazza ricurva, spezzando le rotule, le ossa delle mani, le vertebre del collo, fracassando sopracciglia e bulbi oculari.

“Io sono un guerriero della strada, non un patetico mestierante come te, tu inganni i ragazzi e ti nutri delle loro debolezze, ti fai pagare per fare il pagliaccio e non tieni conto delle capacità del singolo, è colpa tua se quel giorno ho perso contro il tuo pupillo, tu volevi che andasse così, mi hai braccato con le tue stupide regole, e sono stato umiliato, non te lo perdonerò mai maestro, è così che laverò la mia onta bastardo!”

Un ultimo colpo, potente più degli altri, aprì la testa a metà vomitando pezzi di materia cerebrale sul prato verde, fu così che il maestro si spense per sempre.



Capitolo terzo: il miglior allievo


Ancora sporco di sangue Evil Bokken si recò alla palestra vicina, dove sapeva avrebbe trovato il suo vecchio rivale, a cui il maestro aveva affidato il dojo.

Era ormai sera, la luna lastricava d’argento il passo del combattente urbano, guidandolo verso il tempio del suo rancore.

Spalancò la porta, il pupillo non era cambiato, si spaventò nel vederlo irrompere.

Senza proferire verbo Evil Bokken lanciò la spada di legno contro uno specchio a parete frantumandolo. Poi a mani nude, massacrò ogni allievo, ben presto non vi fu più specchio alcuno, restavano solo le nude mura e l’intonaco ammuffito. Usò uno stile brutale, da lottatore occidentale, calci nelle palle, testate, pugni nei timpani, rissa organizzata, furore metropolitano.

Restò il cavallo rampante della scuderia, l’allievo su cui il maestro aveva puntato ogni cosa, riversandovi tutto il suo sapere, doveva cancellarlo, come si distrugge una casata nemica che ci ha recato grave e incancellabile offesa.

Evil Bokken infilò un tirapugni sulle nocche della mano destra, e ogni suo colpo andò a segno. Il volto del pupillo non esisteva più, solo schegge d’osso maciullato e impasto di sangue ora sormontavano il corpo supino, nemmeno uno dei suoi colpi di katana aveva scalfito Evil Bokken.

“Come immaginavo, non valevi un cazzo”.

Una latta di benzina lavò i corpi morti, un fiammifero scintillò nella tenebra serena della sera estiva, poi il crepitare sinuoso delle fiamme che sciolgono il rancore, il fumo della vendetta che si innalza al cielo.

Il passato bruciava, lasciando spazio a un maestoso presente.

Davide Giannicolo

Continua...forse.

domenica 23 agosto 2020

Sumo Private Room


Mole immensa e faticosa da trascinare, muscoli possenti foderati da pesante lardo. Duro allenamento, sudore, sudore costante anche quando si sta fermi. Eppure scrivo poesie.

Quando ero nella scuderia insieme agli altri lottatori, dormivamo e mangiavamo tutti insieme, a volte il puzzo del cibo e del sudore era insopportabile.

Ma ora sono un Ozeki, ho una mia casa, piccola e accogliente, dove passo gran parte del mio tempo libero a leggere. Mi alleno ancora costantemente, da mane a sera, sono un campione, perdo raramente, sono un campione, su di me troneggiano solo i sacri Yokozuna, non ho tempo per le frivolezze, tantomeno per i piaceri della carne. Ma di tanto in tanto, lo confesso, soprattutto dopo un duro incontro, mi concedo particolari autografi, con giovani ragazze, che mi credono un dio sceso in terra. Sono il sogno maestoso e tremolante che penetra nelle loro stanze nottetempo, sono la fiamma della candela che scalda il pube e l’addome esile di chi non è mostruoso ed enorme come me.

Alla luce tremula della candela, a volte, anche io divengo un uomo, forse uscito da un incubo psicologico si, ma pur sempre un uomo. Un uomo amato che non è costretto a lottare per vivere.

Davide Giannicolo

giovedì 20 agosto 2020

Evil Bokken

 


Capitolo primo:Tramonto Scarlatto

Sfumava la luce di un tetro tramonto, le case, le persone, il cielo stesso, sembrava permeato dall’essenza di un sogno malefico. L’uomo portava con sé la spada di legno poggiata sulla spalla, nessuno sembrava farci caso, tutti in quella strada avevano facce sonnecchianti ed il passo affrettato di chi si accinge a rientrare tra squallide mura domestiche. Il negozio era ancora aperto, vendeva libri illustrati, fumetti e gadget da nerd. L’uomo, in ciabatte, canotta e costume da bagno entrò. Il suo corpo mostrava svariati tatuaggi dal macabro tema, era visibilmente sudato e la sua pelle scintillava; fuori, un sole rosso prendeva le tinte del sangue.

Al bancone c’era una ragazza sciatta dal corpo esile, un ragazzo si aggirava mettendo a posto qualche volume sugli scaffali. Erano i padroni del negozio, fidanzati e colmi di speranze sull’avvenire.

L’uomo sudato fece ticchettare la spada di legno sulla propria spalla, poi estrasse un cartoccio di stagnola dalla tasca, poggiò il bokken(la spada d’allenamento che si usa nella scherma giapponese)sul bancone e scartò quello che sembrava essere un unto panino. Diede qualche morso, poi con le mani sporche cominciò a sfogliare un costoso volumetto impregnandolo di salsa rosa e olio. I ragazzi erano terrorizzati, si lanciavano sguardi ma non osavano parlare.

“Avete i soldi?” Disse infine l’uomo che era più grosso di tutte e due i ragazzi messi insieme.

“Sai già che non possiamo pagare!” Rispose il ragazzo con voce tremula.

Il grasso samurai bisunto lanciò il volume lercio in faccia al ragazzo, finí il panino e raccolse lentamente il bokken dal bancone, la ragazza sussultò e iniziò a singhiozzare.

“Troveremo un modo tranquilli!” Disse il grassone sorridendo.

“Prendi una spada ragazzino!”

Dicendo ciò indicò con la punta del suo bokken una coppia di katana esposte al di là del bancone. Erano posticce e mal fatte, comprate a due soldi per abbellimento.

Il ragazzo tremava:

“Ma io...”

“Peggio per te, non dire che non ti ho dato la possibilità di difenderti!”

La mazza ricurva si abbatté con inaudita potenza sul cranio del ragazzo, questi vacillò all’indietro per alcuni istanti, poi cadde rovinosamente portando con sé lo scaffale a cui cercava di aggrapparsi.

Ancora il sole rosso fuori insanguinava ogni cosa, spargendosi sull’asfalto odoroso di smog. Nessun passante, nessuna macchina, nulla disturbava il sadico operato del pazzo.

Si sfilò il costume da bagno mostrando flaccidi testicoli è un pene semi eretto. Si avvicinò alla ragazza e cominciò a leccarle la faccia disseminando sulla sua pelle l’olezzo pungente del panino mangiato poco prima.

La costrinse a prendere il pene fra le mani storcendole il braccio, inizialmente la guidò in una lenta frizione mentre scavava con la lingua nella sua bocca come se volesse aprirvi una ferita, lui era Evil Bokken, era specializzato nell’aprire ferite al fine di eiacularci dentro.

La ragazza impaurita e singhiozzante continuò da sola la manovra senza bisogno di essere costretta, lui intanto la spogliava strattonandola, quello che non riusciva a strappare veniva sfilato a forza.

Era in mutandine, ed era anche bruttina, pallida, un po’ brufolosa, lui cominciò a frugarle con la mano fra le gambe, era rude, forte come un orso.

“Ti puzza la fica, lo senti come puzza? Tanto non pagherete mai, vendete fottuti fumetti cazzo, come potrete pagarmi? Allora ti scoperò ogni volta, ti userò come gabinetto, ti piscerò in bocca e ti sputerò nel culo!”

Le tappò di nuovo la bocca con la sua lingua unta, poi la sodomizzò da dietro, la malmenò, la rigirò, sembrava durare in eterno, fino a che eiaculò sul pube fulvo e malcurato della ragazza nerd, che voleva sposarsi col suo fidanzatino vendendo fumetti e girando per fiere e cosplay.

Si ritirò su il costume da bagno naturalmente senza mutande con ancora i genitali impiastricciati di seme. Afferrò il bokken e lo penetrò dolorosamente in entrambi gli orifizi intimi di lei finché la giovane non svenne.

Allora Evil Bokken uscì in strada, con la spada sulla spalla, spavaldo e soddisfatto si sfregava le palle vigorosamente, aveva altri lavori da fare, altri soldi da riscuotere, intanto il tramonto rosso sangue veniva inghiottito dalla sera assumendo le sfumature del cinabro.

Davide Giannicolo

Continua....forse...