Scorpione obnubilato dalla tua stessa cuspide.
Ira malevola che avvelena l’anima.
T’attenderanno famelici attimi di tetro dolore smarrendoti nel giardino delle Esperidi, riconoscendo in Era scissa dal pianto il catasterismo di Ladone.
Del suicidio leccherai i frammenti di liscio opale, centellinando la bellezza e tramutandola in fortezza.
Cuore di scorpione, rosso, sul fondo delle acque calme e solinghe che la notte tramuta in stella riflessa.
Guerriero di Marte mai domo, silente, strategico ma non privo di coriacea armatura e attacco brutale.
Scorpione che bruci nel tuo stesso dolore, che dagli abissi di ogni passione oscura risali invitto,
spaventi chi ti osserva,
ma è impossibile non rimanere incantato dinnanzi al fascino della tua nera poesia,
fatta di specchi di sogno e chiarore lunare su acque tremule .
Davide Giannicolo