mercoledì 6 gennaio 2021

Il secondo fine del Protettore

 


Era un posto strano quello, ci lavoravano gli scarti della società. Tossici, violenti, alcolizzati, giocatori d’azzardo; gente con un passato turbolento che aveva avuto problemi con la legge. Oppure disperati, c’erano anche quelli, persone con terribili debiti o disposte a tutto pur di guadagnare qualcosa e sbarcare il lunario. Lui era uno di quelli, indifeso, timido, sporco, sarebbe sicuramente piaciuto a Lautreamont. Il lavoro era duro e nessuno aveva pietà per lui, lo calpestavano, umiliavano e minacciavano. Circondato da enormi corpi muscolosi di scaricatori sudati lui abbassava lo sguardo, accettava tutto, anche le spinte e gli schiaffi. Sopportava la fatica e le angherie e guadagnava, anche se poco, il pane per lui e la sua compagna. Di solito quelli gracili come lui si pagavano il pranzo facendo marchette ai più grossi. Aveva spesso visto sporchi e malvestiti ragazzetti pelle e ossa succhiarlo a un panzone per un panino dietro la discarica della fabbrica, anche questi rapporti erano squallidi e umilianti, nonché molto violenti. Non solo dovevi succhiare con passione cazzi sudici e odorosi di pesce marcio, ma prenderti anche gli sputi in faccia e gli schiaffi, così si eccitavano quegli erculei giganti ubriachi di sadismo e senso di onnipotenza, frustrati dal lavoro massacrante. 

Ultimamente lo stavano prendendo di mira, qualcuno lo toccava in parti dove non avrebbe dovuto, e lo faceva con una luce lubrica e invasata negli occhi degna di quell’inferno. Lui non cedeva né reagiva, andava avanti aspettando il giorno di paga. Qualche volta andava a prenderlo sua moglie e lo aspettava fuori dai cancelli, lei era grassa, sporca come lui, per niente attraente. Un giorno mentre la raggiungeva notò che uno degli scaricatori che di solito se ne stava in disparte ed evitava di tormentarlo, forse il più grosso e pericoloso di tutti, stava fissando insistentemente sua moglie. La cosa si ripeté ogni volta che lei tornò, il bestione guardandoli insieme insisteva ancora nel fissarli strofinandosi le parti basse con vigore e sorridendo. 

Allora proibì alla donna di raggiungerlo a lavoro, trascorse  circa un mese da quel divieto e la cosa peggiorò sempre di più. Un giorno fu accerchiato, spintonato, sbeffeggiato; uno di loro estrasse un coltello arrugginito mentre già un altro si slacciava la cintura dei calzoni. 

Due vennero atterrati subito da colpi di asse di legno che si frantumò in due punti sui loro volti, gli altri fuggirono immediatamente. A salvarlo era stato l’omone che faceva il filo a sua moglie. Troneggiava su di lui, imponente, monumento di paura e violenza, con l’asse spezzata tra le mani, mentre il poveraccio strisciava per terra cercando di rialzarsi. Il gigante gli tese la mano, questi accettò e la strinse facendosi aiutare a rimettersi in piedi.

“Grazie!”

“Ti aiuterò io con questi figli di puttana, non ti daranno più fastidio!”

“Ti ringrazio ancora, non so cosa dire!”

“Dire? Non me ne frega un cazzo delle tue parole, per sdebitarti dovrai fare, non proprio tu ma qualcun altro...”

Il sangue dell’ometto sudicio gli si gelò nelle vene.

“Non capisco...”

“La grassona simile a una scrofa che ti viene a prendere con quella macchina scassata è tua moglie?”

“Si” disse lui abbassando lo sguardo.

“Bene, la cosa mi arrapa ancora di più, stasera mi inviterai a cena, porterò io vino e cibo, stai tranquillo mangerai bene, poi glie lo infilerò tutto in quelle carni grasse, me la inculerò davanti a te o la sentirai urlare e godere da un altra stanza, decidi tu, domani è festa, starò da te tutta la notte, vedrai che sarà contenta, le piacerà mangiare a sbafo e farsi strozzare dal mio cazzone, intesi?”

I suoi occhi erano fiammeggianti come quelli di Satana, era già eccitato e non avrebbe accettato diniego. Il piccoletto annuì tacendo.

Tornò casa e parlò dell’accaduto con la premurosa donnona, soffrì tanto quando capì che sua moglie era anche un po’ lusingata da quelle attenzioni criminali, non si credeva affatto attraente ed essere desiderata le provocava qualcosa di strano. 

“Mi chiedo se non sia il caso di farsi inculare da quel branco di sodomiti piuttosto che distruggere il mio onore e fare il cornuto!”

“Qualsiasi cosa tu deciderai io ti aiuterò marito mio!”

Suonò il campanello, arrivò l’uomo, già metteva le mani sui seni a sua moglie, le baciava le guance, si comportava come se stesse a casa sua.

“Non c’è un altra soluzione signore?” Disse sottomessa la donna.

“No, non ce la farà mai da solo, e sapete cosa voglio io, quei tizi non si fermeranno finché non si licenzierà, io sono la vostra unica salvezza, e adesso vieni qui grassona che voglio infilarti la lingua nella gola.”

E lo fece, le scavò nella bocca con la lingua, poi la possedette davanti a lui lungamente.



Mentre il gigante nottetempo dormiva nudo sul corpo di sua moglie, stanco dai reiterati, violentissimi atti sessuali dalla estenuante ferocia, l’ometto pensò a quanto è vile a volte colui che protegge, mascherato da benefattore saccheggia in modo peggiore del dichiarato razziatore. Si chiese se non era forse il suicidio la degna fine a quella squallida vita di soprusi e soprattuto, la domanda che più si ripeteva nel cervello era: 

“Quella scrofa che non toccavo da mesi, che adesso ronfa di la nuda con quell’altro avrà goduto?”

Io credo di sì, anche perché nessuno in fabbrica toccò mai più l’omuncolo sudicio, e il bestione tornò ogni venerdì sera ospite a cena.

Davide Giannicolo


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