Eravamo adolescenti, leggevamo fumetti di Ghost Rider, che noi chiamavamo affettuosamente Ghost, prima ancora che fosse solo concepibile farne un film. Ascoltavamo musica Black Metal, bevevamo birra e vino da poco, magari mangiando una pizza su una panchina arrugginita o fuori ai tavolini di qualche bettola che puzzava di olio fritto non sostituito. Internet non c’era, tantomeno i cellulari, ce ne stavamo in strada, anche in pieno inverno, a gelarci mani e faccia, vivevamo in un paesino di periferia e mentre tutti gli altri facevano cose che a noi sembravano stupide o quantomeno poco interessanti, noi ce ne stavamo in una realtà tutta nostra, fatta di teschi, argento e birra Peroni.
Io ero molto attratto dalle atmosfere gotiche, il vampirismo, le donne spettrali e pallide che passeggiano avvolte in un lenzuolo trasparente in piena notte sul ciglio di una strada deserta. Misterioso, irrequieto viandante mi ci sarei voluto volentieri imbattere, vittima di vampirismo finalmente fuori dallo squallore della quotidianità.
Un sabato sera, intorpiditi dal freddo e resi coraggiosi dalla quarta birra in bottiglia della specie grande(come Lautréamont definirebbe uno scorpione) un mio amico mi rivelò di conoscere un accesso al cimitero, ci saremmo potuti entrare facilmente anche di notte seguendo le sue semplici istruzioni. Era interessante, certo più di un’altra serata su di una panchina a gelarsi le natiche fumando sigarette birra dopo birra.
Andammo spediti fuori dal muro di cinta, attraverso i cancelli i lumini ci chiamavano, tremolanti e rossi, a una tetra serata di gala. Era atmosferico, romantico, superbo, lontani dalle luci dei palazzi vedevamo solo il cielo nero e le fiammelle scarlatte brillare davanti a noi. Il cuore batteva forte, le emozioni facevano sospirare, come a un primo appuntamento.
Scavalcammo e ci trovammo dentro, il mio amico aveva trovato una strada veramente comoda, chiunque sarebbe potuto entrare, effettivamente chi si sarebbe sognato di profanare un cimitero di notte?
Vagammo un po’ tra le tombe, in un silenzio frusciante e sacro, nessuno di noi osava aprire bocca.
Fu poi il momento di andar via, ognuno alla propria casa e alla realtà infame, ma nessuno di noi, anche quando ormai eravamo in strada sotto i lampioni, sembrava più lo stesso di prima. Era come se quel luogo ci chiamasse da lontano, non pensammo ad altro finché non ci decidemmo a tornare. Questa volta solo in due, perché intanto il terzo(eravamo in tre la prima volta) non dava più notizie di sé da una settimana.
Scavalcammo nel solito modo, era notte fonda, ma immediatamente la nostra inquietudine fu destata da uno strano fenomeno, il silenzio era infranto da uno sciabordio ipnotico, notammo subito che una fontana era aperta, l’acqua fluiva abbondante, qualcuno aveva dimenticato di chiudere il rubinetto? Era plausibile.
Camminammo per un po’ tra i marmi funerei, le luci dei lumini proiettavano lunghe ombre danzanti intorno a noi. Udii una risata di donna, maliziosa, ammaliante, guardai subito il mio amico dritto negli occhi.
-Hai sentito?
Lui annuì, pallido come un morto, pietrificato dal terrore.
Vedemmo due ragazze rincorrersi tra le tombe, sembravano nude, ridevano e giocavano come fossero in un prato, poi si voltarono facendoci cenno di seguirle.
Io lo feci, senza badare al mio compagno, ero ipnotizzato, completamente ammaliato da quelle risatine soffuse, attirato come una falena dalla fiamma. Le seguii attraverso i vicoli tombali, quando correvano acceleravo il passo, quando si fermavano ricambiavo i loro sorrisi cercando di raggiungerle e unirmi a loro. Finalmente me lo consentirono, il mio amico era con me e ci accolsero tra le loro braccia, fredde come il letto di una grotta, ci accarezzarono, ci amarono, ci baciarono di baci maliardi, come mai nessuno aveva fatto fuori di lì. Era bello ma allo stesso tempo mi sembrava di sprofondare in una fossa di crisantemi mentre perdevo la mia verginità con uno spettro.
-È quasi l’alba, il nostro tempo è finito, ma voi tornerete presto a trovarci vero?
Disse quella che tra le due aveva i capelli neri come il cielo di novembre.
-Finalmente abbiamo trovato degli amici, stare qui da sole è così triste!
Aggiunse la bionda audace dagli occhi di ghiaccio.
Uscimmo dal cimitero di domenica mattina ai rintocchi delle campane della chiesa vicina, non potevamo credere a quanto vissuto, un sogno a occhi a perti del quale però, fortunatamente, eravamo testimoni l’un l’altro.
Felici e vispi, avevamo perso la nostra verginità e ci sentivamo uomini, poco importava se quelle due fossero fantasmi, vampire o dio solo sa cosa.
-Torneremo appena possibile vero?
Dissi sorridendo al mio amico.
-Certo, sono meravigliose, e quando le troviamo io e te due così?
Nessuno di noi fece domande, inutile inventarsi scuse, quelle due non potevano essere vive, troppo facile pensare che fossero come noi, ragazze in carne e ossa, attratte dalle tetre atmosfere cimiteriali.
Decidemmo di andare a trovare il nostro amico, quello che era venuto con noi la prima volta e ne era rimasto angosciato, pur convenendo di comune accordo di non fargli parola delle due ragazze, poiché già ne eravamo gelosi e volevamo tenercele per noi.
Il nostro amico non era in casa, lo avevano trovato il giorno prima, morto, col collo spezzato, proprio nel cimitero.
Tornare o non tornare? Voi che avreste fatto?
Il richiamo non ha mai cessato di tormentarci.
Davide Giannicolo
....Potrebbe Continuare...