Vuota di te
Obnubilato dal vino,
divelgo il coperchio della bara.
Ho vagato fino alla fossa,
bramata,
consunta,
strabordante disio.
Il cimitero m’acceca,
eppure delicato appare,
il tremolio degli scarlatti lumini,che intorno a me danzano,
come spettri di scherno.
Ma nulla scorgo,
nella fossa con fatica scavata,
solo oscuritàe un miasma gorgogliante
che non è la fragranza del tuo crine.
In ginocchio,
nel fango,
apro le mie ubriache vene,
e di me
irroro la fossa
vuota di te.
Davide Giannicolo