lunedì 25 aprile 2022

Total Vampirism

 



“Di solito i demoni famigliari per noi vampiri sono gatti, corvi o pipistrelli, ma io sono diverso, ci tengo al tratto distintivo, il mio è uno swinford bandog di novanta chili, bavoso, beone e anche un po’ pigro mi precedeva nel vicolo sul retro della casa che tenevo d’occhio da giorni. Pioveva a dirotto, lampi blu, tuoni dispotici, scrosci d’acqua che grondavano dai tetti gotici direttamente sul mio lungo cappotto di pelle nera e tutte quelle cazzate che voi appassionati del genere tanto adorate. Gore, il mio cagnone, mi precedeva di un paio di metri, i suoi occhi e i miei in sincronia perfetta, tutto quello che lui vedeva lo vedevo io e viceversa. Mi arrampicai attraverso le finestre del palazzo ed entrai in casa, sapevo che quella era la camera dove si trovava la culla del neonato, dormiva beatamente nonostante avessi sfondato il vetro della sua finestra e adesso nella stanza penetravano i sibili funesti del tetro temporale, acqua gelida e vento ululante che di solito accompagna un vampiro nottetempo nella stanza di un bambino. Molti di voi staranno già protestando sull’inverosimile natura del mio racconto, lamentandosi del fatto che nessuno mi aveva invitato in quella stanza e che quindi non avrei potuto entrarvi scassinando una finestra come un comune intruso furtivo e carico di malevole intenzioni, e io vi dico ancora cazzate! Si avete la testa piena di stronzate, dovete dimenticare i tristi, effeminati luoghi comuni cui siete abituati. Ma secondo voi chi cazzo lo invitava dentro casa Nosferatu? Non aveva certo l’aria di uno che si invita a prendere un caffè e due pasticcini. Il vampirismo è una cosa seria, non riguarda pallidi cicisbei imbellettati, i vampiri hanno i peli sulle mani e nella schiena, sono feroci, rapaci predatori, e non hanno bisogno di nessun invito.

Afferrai il neonato e prima ancora che potesse emettere un suono me ne nutrii suggendo ogni goccia della sua dolce linfa, rinsecchii quelle dolci carni spolpandole avidamente. Il morticino pallido ormai pendeva inerte dalle mie mani, non vi era nulla di tenero ormai in quella creatura innocente, niente di bello o Pucci Pucci, solo puzza di morte nello squallore del nutrimento di una bestia che divora un cucciolo indifeso. Mi diressi poi verso la camera da letto, spaccai la testa al marito senza nutrirmene con un unico pugno sulla fronte, era semi cosciente, lo volevo così perché sentisse ciò che avrei fatto alla sua donna. La vacca dormiva pingue col culo all’aria, la penetrai col mio arnese velenoso ricoperto da tetre mucose cimiteriali, la fottei a pecora mentre urlava frasi sconnesse, espulsi dentro di lei il mio seme di morte, lei triplicò le sue urla, come se le avessi schizzato dentro dell’ acido muriatico, poi la sgozzai da dietro, aprendo un abisso scarlatto nella sua gola mediante la crudeltà dei miei cinque artigli. Fu un bagno di sangue, letteralmente, che imbrattò sia il suo uomo che le lenzuola fino ad impregnare il materasso. Mi crogiolai tutto nudo tra i resti di lei rotolandomi nel liquido rosso come un maiale nel fango. Poi quando mi accorsi che anche l’uomo era cadavere, feci una doccia e lasciai la casa, nel plumbeo crepuscolare di un’alba imminente, ove la città addormentata iniziava a destarsi.”

Stavo facendo questo racconto ai due ragazzi seduti al tavolo con me, conosciuti accidentalmente in quel dark club con consumazione obbligatoria, diciamo che quei due teenager erano la mia consumazione. Avevano naturalmente un aspetto Goth, lei col vestitino striminzito tutto tulle e il trucco pesante, soprattutto intorno agli occhi, segnati da una marcata matita bianca, non immaginava neanche che dal tavolo sentivo il pregnante olezzo della sua fica giovane, un odore aggressivo e sporco, animalesco, mi invadeva le narici di aromi carnali. Lui era un cicisbeò alla Lestat, biondino, capello riccio col codino, pallido, effeminato, camicia bianca e modi affettati, la puzza del suo pisellino rinsecchito, misto tra sapone da poco e orina, mi disgustava. Dissi ai due ragazzi di avere molta cocaina a casa mia e che dopo esserci fatti di brutto avrei potuto rendere anche loro dei vampiri come me. I coglioni intimamente ci credevano ma non volevano sembrare dei creduloni e l’esca della droga facile aveva finito per convincerli a venire nella mia tana.

Già nella mia auto, una bmw nera come la notte, sentivo l’acquolina in bocca percependo violentemente di non poter resistere a lungo, una goccia del mio seme malato e maledetto già colava dal glande gonfio, rosso e palpitante di desiderio, celato dai pantaloni di pelle grigio topo, era tutta colpa dell’ afrore fortissimo della fica di lei, adolescente piena di odori capaci di stordire un animale come me. Corsi perciò come un pazzo in automobile spaventandoli leggermente, ma ci stava, un vampiro, anche se ti invita a casa a tirare coca, è pur sempre un tipo pericoloso….


Davide Giannicolo....Potrebbe continuare....

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