Quarto brano dell'ultimo lavoro di Volcidor:
Davide Giannicolo si cimenta nella lettura espressiva della poesia 510 della poetessa statunitense Emily Dickinson, il tutto sorretto da un tetro, strisciante contrabbasso:
510
Non era la morte, perchè stavo in piedi,
mentre i morti, tutti, stanno distesi-
Non era la notte, perchè le campane
a distanza suonavano il mezzogiorno.
Non era il gelo, chè sulla carne
sentivo lo scirocco strisciare-
Non era il fuoco-chè i miei piedi di marmo
un altare avrebbero ghiacciato-
Eppure il sapore era quello,
e le forme composte,
che ho visto pronte alla sepoltura,
mi ricordavano-la mia-
Era come se la mia vita fosse stata
piallata e forzata in una struttura,
come se la chiave mancasse e con essa il respiro,
come a mezzanotte, a volte-
quando il ticchettio del mondo s'arresta-
e lo spazio fissa le cose d'intorno
e i morsi del gelo, i primi mattini d'autunno
attanagliano il respiro del suolo.
Ma più di tutto era il caos, freddo, perenne
senza un appiglio, un albero di nave,
neppure, un segnale di terra,
a giustifica della- Disperazione.
Emily Dickinson (1862)
Traduzione dall'inglese: Barbara Lanati