Morto il Magister molti Bustuarius, gladiatori pagati al fine di combattere ai funerali, così da irrorare col proprio sangue la terra dei defunti in un tributo sacrificale, si ritrovarono senza lavoro né guida. Inutile dire che questa era gente dallo stile di vita estrema:
“Strozzerò Noctilla con le mie palle pelose di gladiatore, lo giuro su Ecate!”
A dire queste aspre parole fu Milos, tetro Mirmillone dal corpo interamente cosparso di cicatrici mortali, nessuno sapeva i motivi per cui fosse sopravvissuto a quei colpi inferti dal ferro avversario. Intanto flagellava con robuste sferzate la moglie di un senatore che lo aveva pagato a posta per farlo. A simile posizione si era ridotto il gladiatore per mancanza di ingaggi al cimitero e la consorte del senatore gli stava giusto spiegando il motivo mentre lui la scorticava. Naturalmente anche se perpretati in una situazione fuorviante, quegli atti appartenevano alla normalità della vita quotidiana della padrona di casa e per lei quelle non erano nulla più che confessioni di letto o da terme. La donna non sapeva di star accendendo un fuoco nero nell’anima rosa dal rancore del gladiatore disoccupato.
Quella stessa notte tutti i Bustuarius fedeli al Magister defunto si misero alla ricerca di Noctilla la traditrice. Armature nere, teschi ad orpello, trucco mortuario come maschera di morte, questo era il loro aspetto conturbante.
Ma Noctilla non si trovava, era svanita come uno spettro tra le tombe, forse portata con sé da Ade, come qualcuno sussurrava a bassa voce.
“Va tutto allo sfacelo in questo cimitero, nemmeno le stelle e la pallida luna sembrano più guidarci!”
Si lamentava Sciacallo Nero, il folle retiarius che collezionava teschi umani nei quali spesso eiaculava.
Erano tutti riuniti al cimitero dopo la fallimentare ronda notturna. Poi improvvisamente giunse Noctilla, accompagnata da quattro guardie del corpo, alte due volte più di lei, incappucciate, con in mano tibie umane al posto di mazze, uomini enormi o apparentemente tali, nel senso di uomini in carne e ossa, dato che i volti erano celati e le mani inguantate. Noctilla avanzò, era cinta da un lungo mantello, verticalmente teneva scoperta una striscia di corpo nudo, pallida pelle luminosa fino al pube nero, ferino, come il manto di un lupo affamato.
“È tutta nuda sotto quel mantello la puttana, facciamola a pezzi, lei e i suoi guardaspalle, in fondo sono solo quattro”.
Disse ciò Milos infervorando i suoi compagni e sguainando il gladio che tanti corpi aveva trafitto. Il gruppo lo seguì, gladiatori allenati a combattere, dai corpi muscolosi e la mentalità assassina, personaggi pronti a mangiare il cuore crudo di Noctilla e di chiunque altro, soggetti senza regole né morale pregni di odio e violenza. Si scagliarono con le armi in pugno contro i quattro campioni di Noctilla. Tutto si svolse in un lampo, i testimoni sopravvissuti riuscirono a vedere poco, ossa rotte, teste spaccate come zucche marce, orbite strappate, testicoli spappolati, estirpati e gettati lontano dai corpi dei loro ex possessori, sangue a dissetare la terra, grida a violare il silenzio sacro della notte cimiteriale.
Milos strisciava in terra impaurito, il suo trucco da morto ora appariva ridicolo più che minaccioso.
Noctilla gli si avvicinò, seminuda, il suo seno perlaceo illuminato dal chiaro di luna poiché aveva allargato le braccia in maniera solenne, la sua minuta figura troneggiava ora sul tozzo gladiatore annaspante.
“Sono io la signora di tutti i cimiteri di Roma e delle sue sperdute province, voi tutti se volete, da oggi potrete lavorare sotto il mio comando.”
Milos annuì osservando il cranio spaccato di Sciacallo Nero che giaceva accanto a lui.
I quattro incappucciati si strinsero intorno a Noctilla, come fossero un muro impenetrabile la scortarono nella notte, fino a che tutti e cinque, tra le livide nebbie dell’alba impellente, non furono più visibili.
Davide Giannicolo