giovedì 28 novembre 2024

Sangue

 


Davide Giannicolo

Sangue

 

 

Cagna

 

Mi scodinzoli davanti

e sei piccola

mentre io sono un grosso cane.

 

Mi guardi,

il bene e il male si confondono

nel languore dei tuoi occhi.

 

Piccola cagna,

stai supplicando

col languore dei tuoi occhi.

 

Non so se è estasi

o dolore

ciò che cerchi da me.

 

Certo è che vuoi guaire,

e improvvisamente mi ricordo

che noi cani

non facciamo certe differenze.

 

 

Grilli in Frak

 

Sono un gigante gentile,

ma la mia vescica

è gravida di sogni d'avorio,

ho visto noiosi diagrammi

 disgregarsi sotto il mio sbadiglio,

eppure la notte mi solletica

 con grilli in frak....

 

Desiderio

 

Un candito frutto,

cinto di carnale disio,

sulla terrazza arsa dal sole

indugia.

 

Allungo le mani,

deciso

nell’atto di coglierlo.

 

Soavemente le mie dita

all’apparenza brutali,

carezzano la superficie liscia e sinuosa

che sembra carne ardente.

 

Fremono le foglie

al mio tocco leggero

che man mano

di desiderio è impregnato.

 

Un mango succoso

o qualcosa di simile,

poiché in terra

mai ho scorto

qualcosa ad esso affine.

 

Si agita,

spasmodico,

il mio desiderio,

ed è più forte di qualsiasi moto interiore

l’impulso di posarvi le labbra.

 

La mia bramosia,

diviene ossessione,

assaggio avidamente

la vellutata scorza

che racchiude in sé

sapori riconducibili ad un metafisico incanto.

 

Ed eccomi ubriaco

del succo divino,

stordito,

ormai totalmente assoggettato

a quella malia delicata

dal vivido sapore.

 

Sento quasi dei gemiti soffusi

innalzarsi,

mentre il sole ardente

infiamma questo singolare amplesso,

poiché io sono carne

che s’unisce sempre più con vigore

a qualcosa che è composta

dell’essenza di un fiore.

 

Maggiormente si dischiude,

aprendosi completamente alle mie labbra

ormai avide,

polpa sublime,

rossa,

intrisa  d’effluvio divino.

 

Chiari sono i gemiti adesso,

di entrambi,

il frutto e la carne,

si mescolano divenendo un'unica cosa,

 

era forse intriso di un narcotico elemento

quel succo vermiglio

che ora cola dalla mia bocca mai sazia?

 

Poiché mi sembra d’entrare totalmente

in quella densa,

inumana porta,

che la buccia mi ha aperto

concedendomi l’estasi.

 

Fremo,

e pare che anche il frutto lo faccia,

s’innalza l’incanto,

unendoci in questo banchetto surreale.

 

Cos’ho realmente fra le mani

Se non desiderio?

 

 

Casa

 

Il sole,

in tiepidi sospiri,

si posa come uno spettro

anche negli angoli più bui

della mia essenza.

 

Silenzio

il battito d’ali

d’un doloroso sentimento:

l’assenza;

 

si dipana ora languendo

fra le pieghe stropicciate

del mio non esserci.

 

L’assenza

mi lacera. 




La zoppa

 

Camilla è zoppa


ma ha un gran culo


e io la voglio.

 

Camilla è zoppa


e quelle chiappe


morbosamente fa ondeggiare.

 

Camilla è zoppa


ma è arrogante


chissà da chi si fa scopare.

 

Camilla è zoppa,


cammina strascicandosi


e io 

 

l’osservo.

 

 



 

Le adolescenti del mio tempo

 

Quanta ostinata pornografia


nelle grosse,


dure tette


delle adolescenti del mio tempo.

 

Nei loro stretti,


minuscoli vestimenti


che mostrano gambe tornite


ricoperte di bionda peluria 


simile alla vellutata buccia di una pesca.

 

Quanto carnale desiderio,


represso,


genera follia.

 

 




Il silenzio

 

Il silenzio logora le rocce


uccidendole.

 





Lembo di stoffa

 

Quel minuscolo, azzurro lembo di stoffa, 


inghiottito dall’opulenza delle tue carni


rese succose, salate dall’acqua marina,


che non posso assaporare.


 



Occhi d’amore

 

Occhi d’amore,


leggiadre lame,


tessono l’arazzo di sangue


d’una cupa percezione.

 

Il castello d’avorio 


della bellezza


si staglia lontano.

 

Ma vi sono le rupi,


la selva,


le nubi della furia 

 

fanno sì che non lo veda,


luna cinta di spettri.

 

Le mie armi:


le braccia.

 

Lo spirito è labile,


incline al tormento,

 

poiché dal sogno mi desto,


a frantumare il sorriso,

 

il ghigno del magnate


alla giovane puttana.

 


Locuste di cristallo

 

Locuste di cristallo giganteggiano


innevando di spore


il volto sfregiato


del guerriero impazzito.

 

Poi il destriero divenne


mostruoso uccello,


meravigliosa furia alata


nitrente fuoco e furore.

 

Allora tutte le cose


del mondo


si frantumarono,


compresa la bellezza.

 


 Davide Giannicolo




 

lunedì 25 novembre 2024

Narciso Sfregiato

 


Non so più chi sono, in questo tetro labirinto di specchi infranti. 

Narciso sfregiato, senz’anima, a cui è stato sottratto il proprio volto.

Il canto del cigno,

 un suicidio sontuoso di ogni emozione, 

Narciso dallo specchio vuoto.

Sensazioni morte

cadono come petali

 sul pavimento marcio.

 Sepolta, 

l’anima dilaniata, 

cerca un ultimo palpito.

Ma non sono più lo stesso, 

mai più.

Di vermi e locuste,

di zampe rostrate, 

ogni mio sentimento conduce alla morte.

Narciso sfregiato dallo specchio infranto, vuoto di desiderio e illusione.

La mano sottile mi illividisce le braccia ma sono ormai morto,

persino il dolore non ha effetto su di me,

tanto che ne sono ebbro.

Cadavere gonfio che affiora dalle acque di un lago nero.

Nessun sentore di vita sana il taglio profondo che mi percorre la faccia,

nessuna forza sorregge le mie ginocchia spezzate, costrette a genuflettersi.

Solo la spada del suicidio può tenermi in piedi un’ultima volta.

Eppure un tempo fui illuso e illuminato da una fulgida forza.

Eppure un tempo ruscelli d’aspirazione e desiderio irroravano i miei occhi fieri.

Ora non più.

Il Narciso non ha più il suo specchio,

Non ha più nemmeno, 

addirittura,

il suo volto.

Dunque,

Il canto del cigno, 

Nella stanza abbandonata, 

Consunta dal tempo che non è più,

Può anche perire,

Decomporsi, 

Appassire,

Svanire.

Come i cocci infranti che furono un tempo.


Testi e Immagini di Davide Giannicolo 

25 Novembre 2024

In vortici di tormento

A Majakovskij



venerdì 15 novembre 2024

Il Lago Dei Cigni

 


Sul lago di sangue cuore tormentato, dilaniato, straziato da tetro incantesimo.

Un principe spastico cerca il suicidio mediante la spada dello stregone che si tramuta in civetta.

Forze maligne si increspano sulle acque tinte di spume scarlatte, scie di delirio, di angoscia, di morte.

Le ali volteggiano in danza elegante sullo specchio immoto, grigio, torbido, eppure venusto.

La bellezza del dolore, le carezze del suicidio.

Sono rasoi affilati le piume della regina dei cigni, cristalli di delirio gocciolano in ricami di vetro e sinfonie di ghiaccio.

L’orrore natante del cigno nero si tramuta in fanciulla.

L’amore spezza l’incantesimo rivelando l’inganno, per poi trasformarsi repente in lama.

Sul lago rosso sorge una tomba, la spada non ne intacca la muta stregoneria. 

Porta sentore di morte l’aggraziato battito d’ali d’ogni cigno.

Solenne il silenzio ammanta la scena mentre la nebbia di novembre s’innalza su ogni leggiadria.

In quell’ora non precisamente scandita la morte regna incontrastata, in ogni tempo, in ogni luogo.

Esangue il cadavere della regina dei cigni giace sulla gelida riva, i polsi tagliati, il pallore eburneo simile al suo piumaggio prima che mutasse di venustà in venustà. 

La nebbia di novembre si innalza dalle acque, spettro maestoso che ogni cosa accarezza, così come la morte, in quel sogno di cupo delirio.

Il suicidio danza con la bellezza e l’amore, come sempre e sempre sarà, con la morte.

Nessun suono ora giunge in questo novembre maturo sul lago dei cigni; 

Solo lo scroscio delicato delle lente onde sulla riva oscura.

Davide Giannicolo


Immagini e testo di Davide Giannicolo