giovedì 21 ottobre 2021

Inchiostro

 

Vorrei che l’inchiostro dei miei scritti, 

vivo, 

come lo sputo del polpo dallo sguardo di seta di Lautrèamont, 

strisciasse nottetempo dalle pagine dimenticate,

così da attorcigliarsi furtivo intorno ai tuoi capezzoli,

 tappandoti la bocca improvvisamente desta, 

solleticando il tuo clitoride, 

scavando dentro te, 

facendo scoppiare nella tua testa una pioggia di diamanti.

Vorrei che l’inchiostro dei miei scritti, nottetempo, si tramutasse in vendetta e come stiletto insanguinato di rancore, con il quale li vergai, si infiggesse tra le tue costole fragili, facendoti scoppiare il cuore. 

Davide Giannicolo




domenica 17 ottobre 2021

Catasterismo

 


 
Mi innalzo al cielo dando fuoco alle scevre geometrie della realtà.

Catasterismo dell’eroe martirizzato che brucia su sé stesso fino a divenire astro fulgente.

Distacco, albagia, nuova vita che assurge a eterno splendore.

Lontano il vile umano contempla la mia bellezza senza comprenderla, impotente anche nell’immaginarla, impaurito, estasiato dal mio fuoco azzurro che illumina le costellazioni lattee, non potrà mai sfiorarlo nemmeno in mille vite.

Glauca e silente la scia dell’ascensione segna il cielo notturno come cometa inversa affinché io lasci questa terra così da poter dimorare in eterno tra le stelle invitte.

Poema invisibile a occhio umano, adagiato sulla cuspide munifica della costellazione di scorpio.

Trascendo, muto, assurgo a pura luce accanto ad Antares, m’innalzo in uno strascico di pura luce, pioggia fluida di diamanti incandescenti che erompono.

Lascio questa terra, stella in catasterismo, per mai più ritornare.

Abbandono il fango, l’inezia, il vacuo parlare, divengo fuoco astrale, brillo di pura bellezza, per non far mai più ritorno.

Davide Giannicolo



sabato 2 ottobre 2021

Crescendo di Lame Capitolo Primo

Crescendo di lame

Di Davide Giannicolo

 

Atto I

 

Varcò la soglia della nobile casa con passo solido ma allo stesso tempo elegante, quasi femmineo.

Alla vita portava due spade, completamente nerovestito tranne che per gli spallacci argentei, lanciò il suo sguardo verso il signore della casa, che sedeva esterrefatto dinnanzi alla sua tetra, ritta figura.

“Sono Necro Delle Lacrime, giungo fin qui da remote terre unicamente al fine di uccidere le tue sei figlie!”

 

Il silenzio fu attraversato da un soffio di vento, fuori le foglie danzavano quiete.

Il padrone di casa si alzò di scatto, furente, rosso in volto:

“Come osi portare la follia tra le mura della mia casa? Sei solo un lurido pazzo!”

 

Necro sorrise, i suoi occhi riverberavano una strana luce, un lucore maligno, come quello che arde negli occhi delle bestie in procinto d’attaccare.

Silente si lanciò in avanti, durante la corsa estrasse la spada più corta che gli pendeva in vita, trascinando con sé un attimo dopo il corpo trafitto dell’uomo che aveva osato sbarrargli la strada.

 

Attirati dai rumori della lotta giunsero sei uomini, i mariti delle donne che Necro Delle Lacrime bramava assassinare.

Uno di loro, un giovane impavido, brandiva una spada larga, fronteggiava spavaldo il nero guerriero che di rimando lanciava folli sorrisi ai nuovi venuti.

“Qual è la genesi della tua strage? Perché vuoi immolare le sei nostre mogli?”

L’intruso dal volto pallido calò la spada corta all’altezza della coscia in una ingannevole e salda postura d’invito, la sua guardia era completamente scoperta, il suo gelido sorriso non mutò nemmeno per un istante:

“Se il passo non mi verrà ceduto, cadrete tutti come canne piegate dal vento, tutte le donne di questa contea devono morire, ed è solo l’inizio!”

 

Necro si lanciò contro l’uomo, abbattendo la spada sulla sua testa, come fosse una mazza di ferro che vibra in una leggiadra movenza; estrasse poi la seconda spada, lunga il doppio della prima, con entrambe le armi issate sopra la testa si scagliò contro i cinque restanti mutilandoli con sanguinaria furia omicida.

Presto si ritrovò ricoperto di sangue mentre in terra giacevano pezzi di cadaveri immoti.

Cercò lungo i corridoi della grande casa, presto trovò tutte e sei le donne, l’una raccolta nelle braccia dell’altra, inermi, spaventate colombe.

Ne afferrò una per le chiome nere e le recise la gola di netto, le sorelle liberarono un grido disperato, monotono, acuto, semplicemente agghiacciante.

Le maggiori tentavano di schermire coi propri corpi le minori, portando le braccia in avanti, implorando la fine di quel truculento rituale; ma impassibile il fantasma nero che aveva fatto irruzione nelle loro stanze penetrò le sue lame in quei morbidi ventri.

Quando furono tutte e sei morte, giacenti bianche e insanguinate ai suoi piedi, Necro slacciò i propri spallacci dalla giubba, poi si liberò anche di quella, mostrò un torso massiccio, solcato da centinaia di cicatrici, sfilò dallo stivale destro uno stiletto d’argento, con la punta di esso si praticò sei ferite sul petto, sì, portava sulla pelle il segno delle donne che aveva mietuto.



*

 Camminava lungo  le campagne desolate nottetempo, ricordava gli eventi del giorno, le donne urlanti, gli uomini mutilati, la cosa non appagava i suoi sensi, poiché era un oscuro fuoco quello che alimentava la sua follia omicida.

Ricordò una donna lontana, bella come un fiore bianco che rifulge nella notte.

La brezza notturna avvolse il pallido volto di Necro, avanzò nutrito dalla propria ossessione, una fantasmagoria che lo teneva in vita.

Poco distante dal sentiero, scorse una fanciulla cogliere fiori di campo.

“Che cosa singolare” pensò “A quest’ora dovrebbero incontrarsi solo spettri, demoni o lupi, e invece guarda chi mi manda la luna? Una ragazzina!”

 

Necro sorrise avvicinandosi alla ragazza:

 

“Vedo forse un fantasma?”

 

“No signore!”

 

“Hai sorelle?”

 

“No signore, perché me lo chiedete?”

 

“Nulla bambina, nulla…”

 

Necro aveva già sguainato la lunga spada, issandola sopra la propria testa, lo sguardo folle, acquoso, come rapito da una estatica trance, il ferro calò, abbattendosi sul fragile cranio ricoperto di biondo crine, la testa si spaccò immantinente facendo esplodere abbondanti schizzi di sangue al chiaro di luna.

L’aveva abbattuta così come si fa con una bestia al macello, e questo era pienamente nel suo stile.

 

“Sei un uccisore di donne? È per questo che brandisci due spade codardo?”

 

Necro ebbe solo il tempo di vedere un volto coperto, poi dovette indietreggiare al fine di parare un agile, ripetuto attacco mirato alla sua testa.

Seguì una lotta ardua, serrata, veloci fendenti parati e respinti non davano spazio al riposo, nessuna falla s’apriva nelle reciproche guardie.

Giunse l’alba, e Necro, intriso di sudore, riuscì a spappolare la carotide del suo nemico con un affondo di punta.

Affannando il tetro vincitore si chinò sul cadavere in armatura, slacciò l’elmo ammaccato dai suoi stessi colpi, lentamente lo tirò via dalla testa abbandonata nell’inerzia della morte.

Una chioma lucente, corvina, si distese soavemente sull’erba macchiata di sangue.

 

Si trattava di una donna, e il suo volto, stretto adesso tra le mani tremanti di Necro, appariva orribilmente familiare.

Era il volto della donna che anni prima aveva sfigurato, ancora sublime nonostante l’orribile menomazione.

Folle di gelosia aveva compiuto il fatale gesto, poi partì per terre lontane giurandole:

 

“Ucciderò ogni donna, così che non soffrirai la tua bellezza perduta!”

 

Che folle proposito il suo, e adesso eccola, la sua amata, da sua stessa mano trucidata, colma di rancore verso di lui, pronta ad ucciderlo o suicidarsi nel tentativo.

 

Necro pianse su quel corpo esanime, ore dopo, straziato dal dolore, si decise a seppellire i resti, sotto le luci di un freddo sole rosso.

Lentamente, terminata la sepoltura, si inginocchiò accanto alla tomba, affondò con risolutezza la punta della spada nel proprio addome, dandosi così la morte, gorgogliando lentamente tra gli spasmi del dolore, che egli stesso più e più volte aveva inflitto ad altri senza indugio.....CONTINUA