Crescendo di
lame
Di Davide Giannicolo
Atto I
Varcò la soglia della nobile casa
con passo solido ma allo stesso tempo elegante, quasi femmineo.
Alla vita portava due spade,
completamente nerovestito tranne che per gli spallacci argentei, lanciò il suo
sguardo verso il signore della casa, che sedeva esterrefatto dinnanzi alla sua
tetra, ritta figura.
“Sono Necro Delle Lacrime, giungo
fin qui da remote terre unicamente al fine di uccidere le tue sei figlie!”
Il silenzio fu attraversato da un
soffio di vento, fuori le foglie danzavano quiete.
Il padrone di casa si alzò di
scatto, furente, rosso in volto:
“Come osi portare la follia tra
le mura della mia casa? Sei solo un lurido pazzo!”
Necro sorrise, i suoi occhi
riverberavano una strana luce, un lucore maligno, come quello che arde negli
occhi delle bestie in procinto d’attaccare.
Silente si lanciò in avanti,
durante la corsa estrasse la spada più corta che gli pendeva in vita,
trascinando con sé un attimo dopo il corpo trafitto dell’uomo che aveva osato
sbarrargli la strada.
Attirati dai rumori della lotta
giunsero sei uomini, i mariti delle donne che Necro Delle Lacrime bramava
assassinare.
Uno di loro, un giovane impavido,
brandiva una spada larga, fronteggiava spavaldo il nero guerriero che di
rimando lanciava folli sorrisi ai nuovi venuti.
“Qual è la genesi della tua
strage? Perché vuoi immolare le sei nostre mogli?”
L’intruso dal volto pallido calò
la spada corta all’altezza della coscia in una ingannevole e salda postura
d’invito, la sua guardia era completamente scoperta, il suo gelido sorriso non
mutò nemmeno per un istante:
“Se il passo non mi verrà ceduto,
cadrete tutti come canne piegate dal vento, tutte le donne di questa contea
devono morire, ed è solo l’inizio!”
Necro si lanciò contro l’uomo,
abbattendo la spada sulla sua testa, come fosse una mazza di ferro che vibra in
una leggiadra movenza; estrasse poi la seconda spada, lunga il doppio della
prima, con entrambe le armi issate sopra la testa si scagliò contro i cinque
restanti mutilandoli con sanguinaria furia omicida.
Presto si ritrovò ricoperto di
sangue mentre in terra giacevano pezzi di cadaveri immoti.
Cercò lungo i corridoi della
grande casa, presto trovò tutte e sei le donne, l’una raccolta nelle braccia
dell’altra, inermi, spaventate colombe.
Ne afferrò una per le chiome nere
e le recise la gola di netto, le sorelle liberarono un grido disperato,
monotono, acuto, semplicemente agghiacciante.
Le maggiori tentavano di
schermire coi propri corpi le minori, portando le braccia in avanti, implorando
la fine di quel truculento rituale; ma impassibile il fantasma nero che aveva
fatto irruzione nelle loro stanze penetrò le sue lame in quei morbidi ventri.
Quando furono tutte e sei morte,
giacenti bianche e insanguinate ai suoi piedi, Necro slacciò i propri spallacci
dalla giubba, poi si liberò anche di quella, mostrò un torso massiccio, solcato
da centinaia di cicatrici, sfilò dallo stivale destro uno stiletto d’argento,
con la punta di esso si praticò sei ferite sul petto, sì, portava sulla pelle
il segno delle donne che aveva mietuto.
*
Camminava lungo le campagne desolate nottetempo, ricordava
gli eventi del giorno, le donne urlanti, gli uomini mutilati, la cosa non
appagava i suoi sensi, poiché era un oscuro fuoco quello che alimentava la sua
follia omicida.
Ricordò una donna lontana, bella
come un fiore bianco che rifulge nella notte.
La
brezza notturna avvolse il pallido volto di Necro, avanzò nutrito dalla propria
ossessione, una fantasmagoria che lo teneva in vita.
Poco
distante dal sentiero, scorse una fanciulla cogliere fiori di campo.
“Che
cosa singolare” pensò “A quest’ora dovrebbero incontrarsi solo spettri, demoni
o lupi, e invece guarda chi mi manda la luna? Una ragazzina!”
Necro
sorrise avvicinandosi alla ragazza:
“Vedo
forse un fantasma?”
“No
signore!”
“Hai
sorelle?”
“No
signore, perché me lo chiedete?”
“Nulla
bambina, nulla…”
Necro
aveva già sguainato la lunga spada, issandola sopra la propria testa, lo
sguardo folle, acquoso, come rapito da una estatica trance, il ferro calò,
abbattendosi sul fragile cranio ricoperto di biondo crine, la testa si spaccò
immantinente facendo esplodere abbondanti schizzi di sangue al chiaro di luna.
L’aveva
abbattuta così come si fa con una bestia al macello, e questo era pienamente
nel suo stile.
“Sei
un uccisore di donne? È per questo che brandisci due spade codardo?”
Necro
ebbe solo il tempo di vedere un volto coperto, poi dovette indietreggiare al
fine di parare un agile, ripetuto attacco mirato alla sua testa.
Seguì
una lotta ardua, serrata, veloci fendenti parati e respinti non davano spazio
al riposo, nessuna falla s’apriva nelle reciproche guardie.
Giunse
l’alba, e Necro, intriso di sudore, riuscì a spappolare la carotide del suo
nemico con un affondo di punta.
Affannando
il tetro vincitore si chinò sul cadavere in armatura, slacciò l’elmo ammaccato
dai suoi stessi colpi, lentamente lo tirò via dalla testa abbandonata
nell’inerzia della morte.
Una
chioma lucente, corvina, si distese soavemente sull’erba macchiata di sangue.
Si
trattava di una donna, e il suo volto, stretto adesso tra le mani tremanti di
Necro, appariva orribilmente familiare.
Era
il volto della donna che anni prima aveva sfigurato, ancora sublime nonostante
l’orribile menomazione.
Folle
di gelosia aveva compiuto il fatale gesto, poi partì per terre lontane
giurandole:
“Ucciderò
ogni donna, così che non soffrirai la tua bellezza perduta!”
Che
folle proposito il suo, e adesso eccola, la sua amata, da sua stessa mano
trucidata, colma di rancore verso di lui, pronta ad ucciderlo o suicidarsi nel
tentativo.
Necro
pianse su quel corpo esanime, ore dopo, straziato dal dolore, si decise a
seppellire i resti, sotto le luci di un freddo sole rosso.
Lentamente,
terminata la sepoltura, si inginocchiò accanto alla tomba, affondò con risolutezza
la punta della spada nel proprio addome, dandosi così la morte, gorgogliando
lentamente tra gli spasmi del dolore, che egli stesso più e più volte aveva
inflitto ad altri senza indugio.....CONTINUA