Sono pregno d’oscurità.
Come una campana che suona in una notte senza stelle né luna una cacofonia di disordine e isterismo.
Un brulicare di vermi infesta il mio cervello che rinsavisce solo al cospetto della violenza.
Sono come la scala di un buio scantinato, in cui la luce del sole non ha mai avuto accesso.
Sono il cuore irrequieto in una notte nebbiosa, il sangue che zampilla da una ferita auto inferta sul muschio della vecchia tomba in un’alba pallida e smorta.
Sono lo strangolamento e il cadavere ghiacciato in una sera di Novembre.
Sono la spranga dell’aggressione sopraffatta dalla febbre del delirio omicida, la frusta che schiocca in un crepuscolo di nevrotica perdita.
Illazione funesta, conseguenza d’un colpo di luna.
Sono lo stupro nell’androne del palazzo dal massiccio portone di tempi remoti.
Giungo nottetempo.
Al mattino le tue vesti sono ancora intrise di me.
Le laverai a fatica.
Davide Giannicolo
Nessun commento:
Posta un commento