mercoledì 30 novembre 2011

Tentativo di manipolazione della quiete



Sensazioni di dominio della quiete, silenzio, inespugnabile silenzio come un drappo di velluto attraverso le stanze ondeggia. Vi sono degli angoli bui che nemmeno il sole riesce a illuminare, vi sono piccoli mondi ove gli acari si baciano sorretti dalla poesia recitata dal soffio d’uno spiffero di tempesta.
Vino rosso, rozzo calice, poi d’un tratto s’infrange l’eleganza del silenzio, calice infranto e morte imminente.
Mi sollevo, sguaino il grosso coltello che m’ipnotizza con il suo volteggiare innanzi alla mia iride, lo lancio dalla finestra, dovrà pur beccare qualcuno, giusto o sbagliato che sia quel qualcuno, non mi interessa molto arrivato a questo punto.
Ho una pistola nel cassetto, lei non è luccicante come la lama, lei è opaca, come questi istanti, come la morte che mesta li sorregge. Odio l’attimo in cui ho falciato la vita  sacrificandola sugli altari di una goffa passione.
Apro il cassetto, non c’è niente cazzo. Sudore isterico, dolore alle tempie, una solida sorsata di vino.
Comincio a distruggere l’intera casa, la trovo, la bastarda. Era sotto il materasso, fottute notti di follia a sparare agli spettri.
La bastarda è piccola, più piccola del coltello, ma in se racchiude strafottutissimi confetti di morte, è una sposa infame, eppure io la bacio dritto in bocca senza pensare se ella sia realmente la morte, o un sogno, o un suo infimo messaggero.
Premo il grilletto, e poi nulla più, solo acari che si baciano e osservano un getto di sangue, pensando romantici che siano fuochi d’artificio.

Davide Giannicolo
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